Martin Brofman
1940 - 2014

""Fate quello che volete fare veramente, non fate quello che non volete davvero fare... e fidatevi del vostro viaggio". "

 

Nel 1975, ho avuto un cancro che i medici dicevano essere terminale. Secondo loro, avevo uno o due mesi di vita. Il tumore si trovava nel midollo spinale dietro il collo. Più grande diventava, più comprimeva il midollo spinale. Questo mi ha causato la paralisi al braccio destro e spasmi alle gambe. Il tentato intervento chirurgico per rimuovere il tumore era fallito. Per quanto riguarda la chemioterapia e le radiazioni, i medici mi avevano detto che, per vari motivi, non avrebbero funzionato. Mi avevano anche avvertito che la fine poteva arrivare molto bruscamente, in qualsiasi momento. Mi sarebbe bastato tossire o starnutire.

JCosì mi sono trovato di fronte a una realtà dove ogni giorno poteva essere l'ultimo, ogni ora l'ultima. Qualunque fosse il tempo che mi rimaneva, volevo viverlo bene, essere felice, essere semplicemente me stesso.

Diete che potevano aiutarmi a sopravvivere, ma che non mi havrebbero portato alcun piacere, non avevano senso per me, dato che ogni pasto poteva essere il mio ultimo pasto. Volevo mangiare quello che amavo! Non volevo tradirmi, ma volevo essere autentico in tutto ciò che facevo.

La mia scala di valori è cambiata. Ho cominciato a vivere il momento e a fare tutto quello che facevo per divertimento, perché volevo farlo davvero. Le cose che una volta erano molto importanti, all'improvviso non erano più importanti. L'unica cosa che contava era essere felici, e per me significava fare quello che mi piaceva fare, e non fare quello che non mi dava piacere. Due mesi dopo, ero ancora vivo. Avevo consumato tutto il tempo che mi era stato dato, ma ero ancora qui! Un mese dopo, avevo superato il limite di tempo stabilito dai medici, ed ero vivo. Mi chiedevo quanto sarebbe durata. Mancano solo cinque mesi alle vacanze. Se, per qualche miracolo, dovessi essere ancora vivo, andrei in un paradiso tropicale per festeggiare. Quando ho preso questa decisione, non sapevo che questo viaggio mi avrebbe salvato la vita.

Cinque mesi dopo, stavo festeggiando il nuovo anno al Club Méditerranée in Martinica, e ho avuto una conversazione con un uomo che lì insegnava meditazione Zen che mi ha aperto orizzonti inaspettati. Ha detto: "Il cancro inizia nella tua mente ed è lì che devi andare per sbarazzartene". E ho capito cosa voleva dire. Ho capito che il cancro era una metafora di cose che non avevo espresso. Ho potuto vedere come il mio vecchio modo di vivere e il mio vecchio modo di essere mi avevano portato a distruggermi in tanti modi. Ho capito allora che se avessi cambiato il mio modo di essere, avrei potuto liberarmi dai miei sintomi. Ho potuto usare la mia mente per cambiare il mio atteggiamento verso la vita, così come verso il mio corpo, e per la prima volta da quando ho sentito la diagnosi, ho pensato alla possibilità di ribaltare la situazione, di liberarmi del cancro, di salvare la mia vita!

Qualche settimana dopo, ho assistito alla presentazione di un workshop di quattro giorni sul metodo Silva Mind Control, che ci insegna ad usare la mente come strumento. L'idea di base è che il modo in cui vediamo il mondo genera la nostra realtà, e scegliamo i nostri punti di vista, in modo da poter trasformare qualsiasi aspetto della nostra realtà. Il mio stato d'animo è stato il risultato della programmazione, così come le risposte fornite da un computer dipendono da come è stato programmato. Potevo riprogrammare la mia mente.

Mi vedevo come un uomo che moriva di cancro, e ho dovuto riprogrammare la mia mente per creare un'altra percezione, quella di un uomo sano. Non ero affatto preparato a una trasformazione così radicale, e mi sono reso conto che sarebbe stato più facile se avessi creato dentro di me la percezione di stare via via migliorando, fino a quando non fossi stato completamente guarito.

Mi vedevo come un uomo che si deteriorava, sempre più vicino alla morte, e sapevo che se volevo ottenere il risultato finale di essere sano, dovevo trasformare la percezione del peggioramento in quella del miglioramento. Sapevo anche che la svolta poteva arrivare in qualsiasi momento. Si trattava di girare una leva nella mia mente, insistendo sul fatto che sapevo che era stata girata.

Ho deciso che se il cambiamento poteva avvenire in qualsiasi momento, poteva anche avvenire adesso, proprio adesso.

Sentivo, allora, che qualcosa stava cambiando nella mia mente, e sapevo che il miglioramento era iniziato. Sapevo anche di dover assolutamente evitare che la forza di questa decisione e l'importanza del momento di questo cambiamento venissero in qualche modo compromesse. Sapevo che il modo in cui percepivo il mondo doveva sempre rafforzare quest'idea, che stavo migliorando sempre di più. Quando mangiavo, qualsiasi cosa volessi, mi dicevo che era esattamente ciò di cui il mio corpo aveva bisogno e che voleva. Questo atteggiamento ha accelerato il processo di guarigione. Sensazioni fisiche come le scosse elettriche interne, che prima mi avevano rafforzato nella convinzione che il mio tumore stesse crescendo, ora mi apparivano come la prova del riassorbimento del tumore. La mia mente era costantemente alla ricerca di nuovi modi per verificare che la mia salute stesse migliorando.

Sapevo che dovevo stare lontano dalle persone che volevano ancora vedermi come malato terminale, non per mancanza di amore, ma semplicemente per mantenere il mio atteggiamento positivo verso il processo di guarigione. Ho scelto di frequentare le persone che volevano incoraggiarmi nel compito apparentemente impossibile che mi ero prefissato. Quando mi chiedevano come stavo, rispondevo: "Sempre meglio" e me lo ripetevo, considerando fino a che punto questo fosse vero.

Avevo sentito dire che, secondo il metodo della programmazione mentale, se parlavo da solo per quindici minuti tre volte al giorno, e ogni giorno per sessantasei giorni, potevo portare me stesso a credere qualsiasi cosa, e che qualsiasi cosa credevo sarebbe stata reale.

Sapevo che era fondamentale mantenere una programmazione positiva, e che mettermi in uno stato di rilassamento e parlare con me stesso in uno stato d'animo positivo per quindici minuti, tre volte al giorno, era una parte del processo di programmazione che non dovevo assolutamente interrompere. A volte ero tentato di non fare i miei esercizi di rilassamento; poi mi ricordavo che era in gioco la mia vita. Così ogni tentazione mi sembrava un ostacolo tra me e la mia vita, un ostacolo che doveva essere rimosso per poter vivere.

All'inizio ho avuto un sacco di problemi. Ho trovato molto difficile conservare l'integrità del momento del cambiamento, poiché veniva facilmente compromessa da ogni pensiero o parola che mi distraeva dalla consapevolezza che stavo migliorando la mia salute; dovevo essere onesto con me stesso, riconoscere i fatti, e che mi ero "perso". Così mi sono detto che questo era stato solo una occasione di allenamento e che il vero momento del cambiamento era adesso.

Divenne sempre più facile. All'inizio riuscivo a trattenere quel momento solo per poche ore alla volta, poi per un giorno intero, poi due giorni, finché mi sono sentito stabile. Sapevo che il metodo funzionava.

Ho potuto riconoscere la voce del dubbio in me, e sapere che non diceva la verità. Sono stato in grado di identificarmi con la voce che mi incoraggiava. Essa è diventata la mia guida sulla via del ritorno alla salute. Sono stato sempre più capace di tenere la mente ferma su un unico pensiero: sapere che stavano avvenendo cambiamenti positivi. Quando non sentivo uno dei miei sintomi, riuscivo a pensare che forse quel sintomo non sarebbe mai tornato. Se fosse tornato, avrei pensato che il processo non si era ancora completato e che il sintomo era comunque meno forte di prima.

Avevo bisogno di sapere che i cambiamenti positivi stavano avvenendo ora, forse appena al di sotto della soglia della percezione, così potevo seriamente dispormi ad aspettare la prova visibile dei miei sentimenti. Naturalmente, riuscivo sempre a trovare qualche indizio o altro per convincermi che questo non era solo un effetto della mia immaginazione ma della realtà, e questo rafforzava ancora di più il processo. Le mie figlie, Jacki e Heather, mi hanno incoraggiato. Heather, che all'epoca aveva quattro anni, sapeva che l'amore guarisce. Mi dava baci magici per guarirmi, ogni mattina e ogni sera. Potevo sentire che Jacki credeva in me e nella mia capacità di vincere la lotta.

Durante i miei esercizi di rilassamento, visualizzavo il mio tumore e immaginavo di vedere uno strato di cellule tumorali morire e rompersi per essere rimosso dai sistemi di eliminazione naturale del mio corpo. Sapevo che il cambiamento, anche se forse non si notava ancora, si stava comunque svolgendo. Ho capito che ogni volta che rimuovevo i prodotti di scarto dal mio corpo, venivano rimosse anche le cellule tumorali morte. Ogni volta che ci ho pensato, ho ribadito dentro di me che sapevo che era vero.

Sapevo che il cancro era qualcosa di represso, che non stavo esprimendo, e il fatto che il tumore fosse vicino al chakra della gola (centro energetico) significava che avevo impedito l'espressione del mio essere. Non sapendo cosa significasse, ho deciso che era idoveroso esprimere tutto. Esprimevo tutti i miei pensieri, i miei sentimenti, tutto ciò che era nella mia mente e chiedeva di uscire, sapendo che era una questione di vita o di morte. Prima di allora, avevo sempre riscontrato che esprimere se stessi portava a discutere, ma poi mi sono reso conto che chi mi circondava apprezzava ciò che stavo esprimendo, che l'espressione e la comunicazione di sé portavano all'armonia.

Pensavo che se avessi davvero espresso i miei desideri, sarebbe successo qualcosa di brutto. Ho dovuto riprogrammare tutto questo per credere, invece, che se avessi davvero espresso i miei desideri, sarebbe successo qualcosa di meraviglioso. Ho quindi preso questa decisione e così è stato.

Mi sono reso conto di avere sempre meno cose in comune con i miei vecchi amici. Era come se condividessimo una certa frequenza vibrazionale, diciamo una frequenza di 547 cicli - qualunque cosa significhi - e all'improvviso ero a 872 cicli, con poco da scambiare con le persone a 547 cicli. Per comunicare con qualcuno, dovevo trovare nuovi amici che funzionassero anche a 872 cicli.

Mi sono reso conto che le persone a 872 cicli mi attiravano spontaneamente e che io stesso le attiravo, come se avessi acquisito un magnetismo selettivo. Allo stesso tempo, alcuni elementi della mia realtà, che non erano più in sintonia con il nuovo essere che stavo diventando, stavano scomparendo dalla mia vita. Sapevo che era un processo inevitabile e che non avrei dovuto impedirlo. Ho anche iniziato a sentire un crescente senso di compassione e comprensione. Sapevo che la mia vita dipendeva dalla mia capacità di lasciar andare tutti gli elementi della mia esistenza che non erano in armonia con la mia nuova vibrazione. In parole povere, il processo non è stato sempre facile!

Mi sono avvicinato ad ogni nuovo giorno come ad un processo di scoperta di sé, senza pregiudizi sulla mia identità ma, al contrario, con la volontà di scoprire l'essere che stava emergendo, e un sentimento di soddisfazione per ogni nuova scoperta.

Ho immaginato la scena nello studio del mio medico , una volta finito questo lavoro su me stesso. Ho potuto vederlo mentre mi esaminava, non trovando il mio tumore, molto imbarazzato. Riuscivo a immaginarmelo mentre pensava: "Forse abbiamo fatto un errore". Ho provato la scena nella mia immaginazione ogni giorno durante i miei esercizi di rilassamento.

Circa due mesi dopo aver iniziato, sono andato dal medico che mi ha detto che non mi restava molto da vivere. Sapevo che dovevo mantenere la sensazione che tutto andasse bene. Mi ha esaminato e non ha trovato nulla. Ha detto: "Forse abbiamo fatto un errore". Non ho potuto fare a meno di ridere fino a casa.

Questo metodo di guarigione ha avuto un vantaggio collaterale: non ho più avuto bisogno degli occhiali che portavo da 20 anni. Una volta ero miope e astigmatico, ma ora la mia visione era cambiata. Così ho fatto un esame oculistico: tutto era tornato alla normalità.

Avevo cambiato il mio modo di essere. Il mio stile di vita era cambiato radicalmente. Non aveva più senso lavorare ad orari fissi o chiamare qualcun altro il mio "superiore", poiché siamo tutti esseri uguali con un potenziale infinito. Il mio attuale lavoro di guaritore e di insegnante ha un significato per me, ha un significato importante anche per gli altri, è utile all'umanità e io mi elevo quando lo realizzo. Ho la profonda sensazione di stare realizzando ciò che sono destinato a fare.

So che sto facendo il lavoro per il quale sono venuto al mondo, e questo è un bene. Non avevo mai avuto questa sensazione prima.

Il processo di trasformazione è parte integrante del processo di guarigione, sia che si tratti di guarire la vista o di una grave malattia. Questo è altrettanto vero quando lo squilibrio non ha ancora raggiunto il livello fisico, e risiede ancora solo nel livello mentale o emotivo.

Poiché ero guarito, sapevo di essere stato trasformato. Ho visto il mondo in modo molto diverso in senso figurato, ma l'ho visto in modo diverso anche letteralmente. Anche la mia vista era cambiata.

Ero incuriosito da questo "beneficio secondario" dell'approccio che avevo fatto mio, e ho deciso di approfondire il lavoro di coloro che avevano cercato di migliorare la loro vista.

Ho letto tutti i libri che ho potuto trovare sull'argomento, non per sapere come fare, ma piuttosto per capire come avevo fatto. Ho trovato otto libri, sette dei quali si riferivano all'ottavo, Better Eyesight Without Glasses, del dottor William Bates. Ho scoperto che il dottor Bates è stato il pioniere in questo campo e che le sue idee avevano sconvolto la comunità medica del suo tempo, negli anni Venti.

Il dottor Bates aveva avuto molti spunti notevoli, ma lo stile del suo libro era troppo tecnico per la maggior parte delle persone. Per questo motivo altri autori, come Margaret Darst Corbett e Aldous Huxley, hanno scritto dopo di lui libri per il grande pubblico che presentavano le sue idee in forma semplificata.

Il Dr. Charles Kelley del Radix Institute in California sembra essere stato il primo ad aggiungere nuove idee al metodo, affrontando la correlazione tra i tipi di personalità e i difetti della vista. Più recentemente, il Dr. Richard Kavner, un optometrista comportamentale, ha fornito nuove informazioni sulle correlazioni cervello/mente e ha avuto un notevole successo lavorando con i bambini.

Mi sembrava che il fattore costante nel miglioramento della visione, a tutti i livelli, fosse il processo di trasformazione personale. Con le conoscenze acquisite dalla lettura di questi autori, ho potuto sviluppare il mio metodo a partire dalle loro idee, utilizzando la mia esperienza personale per arricchirlo.

Ho cominciato a comunicare queste idee a diverse persone e dopo un po', le persone con cui ho parlato mi hanno dato i loro occhiali, dicendomi che non ne avevano più bisogno.....

…. Cominciai a insegnare agli altri le tecniche di autoguarigione che avevo usato e a trasmettere tutto ciò che avevo imparato durante il mio processo di guarigione.

Alcuni di quelli che sono venuti da me mi hanno chiesto di aiutarli a guarire. All'inizio ero riluttante perché pensavo che ognuno ha il potere di guarire se stesso. Tuttavia, alcuni hanno avuto difficoltà ad accettare questa idea o non hanno saputo raggiungere il grado di chiarezza e di obiettività necessario per il processo di guarigione. Credevano più nella mia capacità di guarirli che nella loro capacità di guarire se stessi. Nonostante tutti i miei sforzi per convincerli che potevano, sono rimasti convinti che io fossi l'unico a poterli guarire. Se mi rifiutavo di aiutarli, se ne andavano senza essere guariti, il che mi metteva a disagio.

Non mi piaceva affatto questo scenario, così ho deciso di cambiarlo e ho accettato di aiutarli a guarire.

Man mano che trattavo sempre più persone, diventavo sempre più consapevole del rapporto mente-corpo. Poco a poco, stava prendendo forma un modello che comprendeva tutte le idee che avevo esplorato. Rifletteva sia la mia esperienza personale sia ciò che avevo osservato nelle guarigioni a cui avevo partecipato. Questo modello ha preso gradualmente la forma di un sistema di guarigione che ho deciso di chiamare Sistema Corpo Specchio, per illustrare l'idea che il corpo di un individuo è lo specchio della sua vita.

La sua dipartita, la testimonianza di sua moglie Annick Brofman...
Le départ de Martin est une histoire en plusieurs volets, différentes pièces d’un puzzle.
Ce n’est qu’après avoir rassemblé toutes les pièces que tout prend un sens.

Martin est parti à la suite d’un cancer de la vessie. Selon notre philosophie et notre enseignement, tout commence dans la conscience et le cancer représente quelque chose de réprimé, de non exprimé, de gardé à l’intérieur. La vessie est reliée au Chakra Racine où les tensions sont expérimentées comme de la peur, de l’insécurité. Des tensions dans la conscience par rapport à l’argent, le travail, la maison.

Avec le cancer, la personne a pris la décision de mourir. Soit elle est très malheureuse à cause d’une situation ou alors le moment est venu de partir, elle a accompli tout ce qu’elle était venu faire.

Les deux sont vrais pour Martin.
Les Pièces de Puzzle
Le Niveau Physique
La maison :

Martin et moi avons toujours été très doués pour trouver l’appartement idéal, ensemble et séparément, avant notre rencontre. Nous avons toujours habité dans nos endroits de rêve.

Notre dernier appartement à Copenhague est celui où notre fils, Edouard, est venu au monde. Nous y avons été très heureux pendant 10 ans, la onzième année pas. Nous avons cherché un autre lieu pendant un an, sans succès. Tout nous poussait à quitter le Danemark, et tous les messages désignaient Monaco comme nouvelle destination, et les messages étaient très clairs. Nous avons eu le sentiment d’être « envoyés » à Monaco. Je pensais alors que c’était pour nous rapprocher de mes parents qui vieillissent et qui étaient ravis du rapprochement.

Aussi, quelle n’a pas été notre surprise lorsque Monaco a refusé de nous octroyer le droit de résidence et nous a donné 30 jours pour partir. Vous imaginez le choc. Nous avions tout quitté, embarqué Edouard dans cette aventure, il avait été accepté au Collège public de Monaco car nous avions fourni le récépissé de la demande de résidence. Cela a été un premier énorme choc pour Martin, et pour moi aussi. Toutefois, forts de notre expérience, nous savions que ce devait être pour une bonne raison. Nous avons pu rester à Monaco sans y être résident officiel grâce à divers soutiens, ça a été facile, simple. Toutefois le sentiment de rejet et de ne pas avoir de racines étaient difficiles pour Martin plus que pour moi.

Martin a souffert de ce sentiment de rejet, d’autant plus qu’il y en eu d’autres, moindres mais difficiles à vivre pour lui.

Nous avons pensé à quitter Monaco, mais pour où ? Martin hésitait à déraciner Edouard une deuxième fois en si peu de temps et surtout rien de mieux ne se dessinait. Tout semblait indiquer que nous étions sensés être à Monaco.

Lorsque Martin a commencé à être malade, nous avons à nouveau pensé à quitter Monaco mais c’était très compliqué et source de plus de stress que de rester.

Bien sûr, nous avons regardé notre couple. Nous avons regardé tous les aspects de la guérison, ce que Martin a appelé « changement familial radical » où tous les membres de la famille examinent d’où vient le stress auquel la personne malade répond et qu’est-ce que tout le monde peut faire pour relâcher la source du stress. Tout le monde participe activement à la guérison. Bien sûr tout cela se fait dans l’amour, l’amour infini pour la personne malade, l’envie de tout faire pour l’aider à guérir.

L’argent :

Martin a souvent raconté son histoire avec les impôts américains, lorsqu’il n’a plus reçu de déclaration de revenus il y a 40 ans, n’a pas cherché à en recevoir et est ainsi sorti du système.

Depuis quelques années il avait envie de revenir dans le système et lorsque les USA ont créé le programme de réhabilitation, Martin a décidé de saisir l’occasion. Cela lui a coûté la presque totalité des économies qu’il avait faites pour sa retraite. Il a signé le chèque aux impôts US en janvier 2014 avec beaucoup de réticence… Lui qui voulait lever le pied, se reposer, comment allait-il subvenir aux besoins de sa famille ?

Martin a grandi dans des conditions sordides et son chakra racine a toujours été son point faible. Il était le soutien de sa maman plutôt que le contraire. Il savait qu’elle l’aimait, il l’aimait, ils avaient une relation fusionnelle mais elle était fragile et certainement pas perçue comme une source de nourriture.

Martin ne s’imaginait pas être nourri par une femme. C’était une idée difficile pour lui.

Le travail :

L’été 2013, Martin était découragé, les quelques stages enseignés en Italie et en Grèce l’avaient déçu. Il disait que les gens ne le comprenaient pas, ils ne comprenaient pas son message. Il a eu moins de plaisir à enseigner, il était fatigué.

La confiance :

J’ai peu vu Martin pleurer en 25 ans. La première fois c’était en stage au moment du massacre du Rwanda, il était en larme. Il disait : « Comment un être humain peut-il traiter un autre être humain de la sorte ? »

La deuxième, en 2013 lors du programme « Héros de l’année » que CNN organise chaque année. Des dizaines de personnes sont présentées et on décrit les bonnes actions qu’elles font et l’une d’elles est élue. Il disait « Je suis une bonne personne, n’est-ce pas ? » « Je fais du bien sur la planète, n’est-ce pas ? »

Il s’est vraiment senti rejeté et incompris ces trois dernières années. Il était devenu très sensible avec ça.

Avant qu’il parte, j’ai dit à Martin que j’avais demandé à tous ses participants de lui envoyer un témoignage d’amour ou de reconnaissance, que j’imprimerais ces messages et qu’il partirait avec eux. Tous ces messages seraient mêlés à ses cendres.

J’ai rassemblé les centaines de messages qu’il a reçus, il y avait presque 200 pages. Ils sont avec lui.

Vous les trouverez dans cette rubrique.

Les derniers mots de Martin ont été « Je suis fier de moi »

Nous sommes fiers de lui.

Le Niveau Spirituel
Nos débuts de vie commune :

Notre première semaine de vie commune, un soir, Martin m’a dit : « J’ai toujours eu un rêve lorsque je rencontrerais mon âme-sœur, lorsqu’il sera temps pour moi de quitter la planète, disons dans 20 ans, nous ouvrirons une bouteille de champagne, nous trinquerons à notre amour et puis je m’endormirai et partirai. »

20 ans nous semblaient une éternité ! J’avais 33 ans, lui 55. Trois ans plus tard, je lui ai fait remarquer que 20 ans étaient peu et que nous devrions rallonger le contrat à 30 ans. Nous avions ri. Lorsque Martin est parti, nous avions 19 ans de vie commune et presque 20 ans de relation ( Elle a commencé en mars 1995)

… nous avons bu le champagne et trinqué à notre amour quelques jours avant son départ.

Après son départ :

Une amie est venue faire un stage avec moi en novembre 2014, 3 mois après le départ de Martin.

Cela faisait 20 ans qu’elle n’avait plus fait de stage. Elle m’a parlé de cette conversation qu’elle avait eue avec Martin 25 ans auparavant au cours de laquelle il lui avait dit qu’il ne fêterait pas ses 74 ans.

Il est parti 3 mois avant ses 74 ans.

La dernière pièce de puzzle est venue d’une personne très inattendue, ma marraine qui est aussi ma tante. Nous n’avons jamais parlé de manière profonde toutes les deux malgré l’amour que nous nous portons mutuellement.

Au début de l’année 2015, elle m’a dit ceci :

« Vous êtes venus à Monaco pour vous rapprocher de tes parents mais ce n’est pas pour eux, c’est pour toi. Martin savait qu’il partirait et il vous a rapprochés de tes parents, toi et Edouard pour que ce soit plus facile le moment venu. »

Toutes les pièces du puzzle se sont rassemblées. Tout avait un sens. J’ai vu toute l’orchestration.

Martin savait qu’il partirait avant ses 74 ans, quelque part, il connaissait la suite.

C’était aussi comme par hasard un moment idéal pour plein de raisons pratiques.

Il a aussi tout fait pour que son départ soit le plus facile possible pour nous. Peut-être Martin pensait-il qu’il aurait été plus difficile pour Edouard, à 13 ans, d’entendre son père dire : « Ce soir j’ai décidé de partir. Trinquons à notre amour. » Et de tirer sa révérence. Je ne sais pas.

Nous avons eu le temps de nous dire au revoir, de nous dire des mots d’amour. Martin a dit à Edouard : « Vis tous tes rêves mon fils. » Edouard a été incroyablement présent et centré, ouvert comme s’il avait toute la sagesse du monde en lui.

Marti est parti tranquillement.

Un soir, je lui ai dit qu’Edouard et moi étions prêts.

Il est parti le lendemain matin à 6h00 pendant une magnifique pleine lune.

Je l’ai vu avec sa maman. Il avait devant lui un très long tapis rouge, une arche lumineuse et de chaque côté des centaines de personnes l’applaudissant, parmi elles des participants aux stages que je connaissais et qui étaient partis avant lui.

Il s’est retourné pour voir comment allait Edouard, il a vu que je le tenais dans mes bras, il a souri, je lui ai dit « Vas-y, profite de la fête. Et il s’est laissé accueillir les bras ouverts.

Il est revenu voir Edouard le lendemain, dans son rêve. Ils ont passé une journée entière, juste ensemble, simplement, à ne rien faire de spécial, à sentir le contact, l’amour.

Martin est souvent là.

Pour la Saint-Valentin 2015, j’étais triste, je me disais que je n’aurais pas ma carte cette année. J’ai décidé de ranger la maison car je n’avais pas la tête à travailler.

J’ai décidé de défaire un carton rempli de vieilleries, de vieux poèmes écrits lorsque j’étais adolescente, de vieux dessins, et au milieu de tout ce désordre, j’ai trouvé une carte de la Saint-Valentin, sans date, que Martin m’avait écrite en je ne sais quelle année et que j’avais conservée. Elle disait : « Mon amour, Je t’aime pour toujours »

Il travaille différemment à présent, sur d’autres plans. Depuis que nous étions à Monaco, deux de nos amis astrologues lui avaient dit en regardant son thème astral que son travail allait changer, qu’il allait avoir d’autres proportions…

Martin a été un mari et un père exceptionnel.

Il reste mon meilleur ami.

Annick

Testimonianze

Poco prima della sua dipartita, gli studenti, gli amici e i colleghi di Martin Brofman gli hanno espresso la loro gratitudine attraverso le parole che troverete qui. Tutte queste parole mostrano le magnifiche qualità di Martin Brofman, ed è leggendole che conoscerete meglio l'uomo che era.